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Felicità. Intervista a Gianni Contarino

Presentazione del libro e intervista all’autore

Catania, marzo 2012. Pippo Filicudi, a causa di uno strano messaggio ricevuto da sua sorella, si precipita a Riposto. Non mette piede nella cittadina ormai da anni, così come da anni non ha contatti con Nunzia, però quel messaggio è così bizzarro che non può ignorarlo. Una volta giunto nella vecchia casa di famiglia, non vi trova traccia della donna, solo un nastro di carta con delle lettere che sembrano messe a caso. Nunzia è sempre stata stravagante, ma questo è davvero troppo.
Riposto, marzo 1952. Mentre Nilla Pizzi festeggia la vittoria al Festival di Sanremo, a casa Filicudi si assiste alla nascita di Nunzia. Bambina, poi ragazza e infine donna, sarà sempre sotto il giogo del padre Gino, un uomo che sembra non aver nulla a che fare con il concetto di “civiltà” e che più che un genitore è un bastone tra le ruote. Isolata dal mondo e costretta a rinunciare a ogni, seppur piccolo, desiderio, Nunzia non trova altra soluzione che quella di adattarsi alla brutalità che la circonda e diventare carnefice lei stessa.

Citazione

1952. Il 30 gennaio al Festival di Sanremo Nilla Pizzi arrivò prima, seconda e terza su cinque concorrenti, cantando le canzoni Vola colomba, Papaveri e papere e Una donna prega. Poi, al regolamento dovettero dare un’aggiustata.
Il 4 marzo, a casa dei coniugi Filicudi, nacque Nunzia, la primogenita.
All’epoca, che fossero maschi o femmine, si scopriva sul momento. Quella mattina suo padre Gino si fece preparare la caffettiera da dodici da Vincenza, sua sorella, se la fece piazzare sul tavolo
della cucina insieme a una tazzina e se ne stette seduto, a bersela tutta, con gli occhi fissi nel vuoto, aspettando il figlio. Era dal giorno prima che non capiva niente, quando al circolo Littorio, seduto
a giocare a briscola, aveva guardato gli amici negli occhi e aveva dichiarato solennemente: «Già me lo vedo in divisa da ufficiale di Marina».
Dopo un paio d’ore sua sorella, che aveva aiutato la levatrice in camera da letto, lo raggiunse di corsa.
«È una bambina, sapessi quant’è bella: due occhioni, una meraviglia» fece tutta contenta.
Lui alzò la testa di scatto, chiuse gli occhi, tirò un gran pugno sul tavolo, che fece cappottare la tazzina, li riaprì e guardò in alto, come a cercare sul soffitto qualche santo da maledire.
«Buttana la miseria. Ma l’hai taliata bene?».

Come è nata l’idea di questo libro?

Negli ultimi anni patriarcato e maschilismo hanno finalmente ricevuto maggiore attenzione e sono diventati ancor più oggetto di monologhi televisivi, post sui social, romanzi e saggi.
Il fatto è che i monologhi e le altre forme di narrazione partono prevalentemente da donne. Ho voluto quindi portare il contributo di una voce maschile, perché penso che essere solo spettatori o lettori non aiuti a sufficienza questa battaglia.

A chi lo consiglieresti, in particolare?

Ad oggi i lettori di Felicità sono molto vari. Dal punto di vista anagrafico appartengono a quasi tutte le fasce di età, dai quattordici ai novant’anni. Dal punto di vista del genere è un testo che mette insieme intrattenimento e spunti di riflessione, momenti più divertenti e altri, a detta di qualcuno, commoventi. Contiene una discreta dose di ricerca storica e un’ampia selezione musicale, tanto che è possibile leggerlo mentre si ascolta la relativa playlist su YouTube.

Dove e quando è stato scritto?

Il romanzo ha avuto una genesi molto lunga di circa dieci anni, dal duemiladodici al duemilaventidue ed è stato scritto fra Torino e la zona dell’Etna che si affaccia proprio su Riposto, il borgo in cui è ambientato.

Quanto è stato difficile portarlo a termine?

La ricerca storica, quella musicale e soprattutto l’elemento strutturale di fondo, cioè quello di uno scrittore uomo che scrive di una donna hanno dato di che complicarsi la vita in questi dieci anni. Completarlo ha portato molto sollievo. Per fortuna durante la scrittura ho scoperto l’esistenza di un saggio dal titolo “Tutto quello che gli uomini sanno delle donne”, oltre un centinaio di pagine totalmente bianche. È stato illuminante e un ottimo “alert” nei momenti in cui ho rischiato di scrivere banalità.

La pianificazione ha avuto un ruolo importante?

In parte sì, dal momento che il testo ha una struttura cronologica molto serrata.

Quanto è stato lungo il lavoro di editing?

Il prezioso lavoro svolto in collaborazione con l’editore ha richiesto un paio di mesi.

Quali sono i tuoi autori di riferimento?

Direi che Sandro Veronesi e Stefano Benni, che ha tenuto un seminario di scrittura comica che ho frequentato, sono quelli che mi piacerebbe avere come amici, perché li sento più vicini e perché mi hanno formato.

Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?

La scrittura è un’attività fisiologica, quindi la speranza e di raccontare molto presto nuove storie sempre in forma di romanzo.

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