Tokyo, 15 agosto 1946. A un anno dalla resa incondizionata, sotto l’occupazione dei vincitori americani la città è ferita, franta, in macerie. Le strade invase da cani randagi e umanità dolente. Le notti dominate dai traffici del mercato nero, dalle lotte tra gruppi criminali, dall’impotenza della polizia, dalla connivenza della polizia. Il passato cancellato insieme ai simboli dell’impero. I nomi svuotati dai cambi d’identità. La memoria collettiva e individuale rimossa. È in questa città che in un parco vengono scoperti i corpi di due donne stuprate e strangolate. Per l’ispettore Minami queste morti sono collegate a un cadavere senza nome ritrovato un anno prima, uno dei tanti omicidi irrisolti e subito dimenticati. Convinto di dare la caccia a un assassino, Minami affonda invece nel proprio inferno privato – alcol e calmanti, notti insonni e rimorsi. La sua indagine diventa una battaglia tragica per sfuggire ai morsi del passato e ai fantasmi della guerra. Con “Tokyo anno zero” Peace inaugura la “Trilogia di Tokyo”, dopo il “Red Riding Quartet” la sua opera più ambiziosa. Tra le sue mani i casi di cronaca nera registrati nel periodo dell’occupazione americana si trasformano in un crudo racconto della storia parallela del Giappone, veicolato da un linguaggio intessuto di ripetizioni martellanti, suoni stridenti e onomatopee alienate. Peace canta la violenza del vincitore; l’ambiguità del compromesso; un’umanità devastata da incubi e ossessioni, che ci risulta fin troppo familiare.