In un futuro non troppo lontano, dopo una guerra che
– ovviamente – è stata “l’ultima”, l’America vive nel benessere
grazie all’impiego massiccio della meccanizzazione. Le macchine
hanno sostituito l’uomo in ogni lavoro manuale e la società è
divisa in due. Da un lato tecnici e manager, che hanno imparato
a produrre senza le maestranze richiamate sotto le armi. Dall’altro
coloro che il basso quoziente d’intelligenza condannava a un lavoro
manuale che ormai non esiste più. Il cittadino medio americano
è solo uno scarto del processo industriale, un ozioso dal quale
più nessuno si aspetta un gesto di ribellione. È il tecnocrate più
giovane e promettente, Paul Proteus, il primo a ribellarsi alla
civiltà delle macchine. Ma fallirà, perché l’uomo non può più
fare a meno di loro. Il primo grande romanzo di Vonnegut
è l’avvincente affresco di un mondo condannato anche da coloro
che vorrebbero salvarlo: l’uomo non lo cambierà se prima non
sarà riuscito a cambiare se stesso.
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