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La morte e l’immortalità

Ludwig Andreas Feuerbach (1804 – 1872) è stato un filosofo e storico delle religioni tedesco, tra i più influenti critici della religione ed esponente della sinistra hegeliana.

La pubblicazione, avvenuta anonima nel 1830, dei suoi Gedanken über Tod und Unsterblichkeit (Pensieri sulla morte e l’immortalità), che negavano l’immortalità dell’anima individuale e affermavano che l’individuo – pura apparenza – con la morte si dissolve nell’autentica ed eterna realtà dello spirito infinito, si scontrò con il clima politico di reazione alle Rivoluzioni del 1830 dei governi tedeschi, che vedevano anche nelle espressioni di pensiero non concordanti con l’ortodossia religiosa un pericoloso attentato all’«ordine» e all’autorità: il libro venne sequestrato e, riconosciuto l’autore, Feuerbach fu costretto a interrompere il suo corso universitario.

All’inizio Feuerbach si colloca nel solco della filosofia hegeliana, anche se già pone l’accento su elementi che lo allontaneranno da Hegel. Così, nei “Pensieri sulla morte e l’immortalità”, egli afferma con forza la connessione tra l’individualità e la sensibilità, propria di un corpo legato allo spazio e al tempo, e su questa base giunge a negare “l’immortalità” individuale. Progressivamente egli matura la convinzione che la filosofia migliore abbraccia tutti coloro che si sono impegnati nella lotta per la libertà di pensiero, da Bruno a Spinoza a Fichte, e non ha il suo compimento in Hegel (come gli hegeliani ortodossi pensavano).

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