“Nato quasi per caso da un suggerimento di Enrico Maria Salerno, che da un proprio soggetto voleva trarre il suo primo film, ‘Anonimo veneziano’ conquistò l’entusiasmo di Giuseppe Berto che si impegnò a scriverne i dialoghi durante un lungo soggiorno a Cortina d’Ampezzo dopo il travolgente successo del Male oscuro, spinto all’inizio, come in generale quando lavorava per il cinema, più da ragioni ‘gastronomiche’ come avrebbe detto Brecht, che da una maturata ispirazione, e, invece, poi convinto a lavorarci su per mesi e anni, fino a trasformarli in un fortunato testo teatrale prima e poi in uno straordinario romanzo breve che conquistò i suoi lettori, un autentico gioiello, ‘un piccolo capolavoro’ come ha scritto Elio Chinol, che arricchisce e completa la serie dei suoi libri collocandosi senza dubbio tra i ‘migliori’ […] In un testo che nulla concede all’ottimismo della ragione, al moralismo di un eterno riscatto, Berto, collocando il suo personaggio di fronte alla morte, si manifesta davvero come ‘un neoromantico’ – tale si era già descritto nell’Inconsapevole approccio (1965) -, che ha bisogno soltanto o soprattutto di una donna la quale per amore sia disponibile a dargli una mano a vincere ‘la paura della paura’ […]. Così ‘Anonimo veneziano’ conquista il lettore con ‘la dignità di un piccolo classico’ e resiste nella memoria incancellabile.” (dall’introduzione di Cesare De Michelis)