Le parole con cui Cesare Pavese ha descritto questo viaggio, le sue opere, sono un’occasione di incontro che il lettore ha con se stesso; specchi in cui “vedere … riemergere un viso morto”, trovare il Minotauro indifeso al centro del labirinto borgesiano. Pavese nasce tra le colline cuneesi: in quei paesi i miti si tramandano di padre in figlio. I miti di Santo Stefano, esistenziali prima ancora che letterari, mettono salde radici in Pavese e Pavese affonda le sue radici in quelle favole, e da li cresce. All’età di sei anni si è dissepolto dalla terra delle Langhe, ma ha continuato a nutrirsi degli umori del sottosuolo e a farne linfa vitale per il resto dei suoi anni. La geografia pavesiana ha necessariamente la fisionomia dell’arcipelago e, per raggiungere le colline, la natura, la città, è necessario attraversare il mare e superare gli scogli.