È il 1966. Cinque ragazzini giocano a pallone sui prati di Muirhouse, tra le case popolari della periferia nord di Edimburgo. Due poliziotti li fermano per disturbo della quiete pubblica e li spediscono al tribunale di High Street. Uno di loro ha otto anni, suo padre è un ex portuale, sua madre fa la cameriera, si chiama Irvine Welsh. Mentre si becca la prima denuncia della sua vita, il piccolo Irvine ancora non sa che da grande diventerà uno scrittore, il più famoso di Scozia, quasi più famoso di un altro edimburghese nato un secolo prima di lui, Louis Stevenson. Le opere di Welsh, più che commedie, sono dei veri e propri romanzi politici, quasi tutti ambientati in una Edimburgo in cui il governo Thatcher ha spazzato via posti di lavoro, sindacati e ogni traccia di solidarietà sociale. A partire da Trainspotting ha fotografato il degrado e la follia della generazione perduta degli anni Ottanta, ragazzi per i quali l’eroina era l’unica alternativa al circolo vizioso casa-famiglia-lavoro.