7 dicembre 1941. Il Giappone ha bombardato Pearl Harbor. Gli Stati Uniti sono a un passo dalla guerra e a Los Angeles scatta un’ondata di arresti. I cittadini nipponici sospettabili di alto tradimento finiscono dietro le sbarre. La bandiera dell’odio razziale sventola alta, perciò nessuno dovrebbe preoccuparsi quando i quattro membri di una famiglia giapponese vengono trovati morti dentro casa, tanto più che potrebbe trattarsi di un suicidio rituale. Le indagini, però, partono ugualmente: proprio perché ci si prepara a distruggere e depredare una delle comunità straniere più ricche e integrate della California, è necessario mostrarsi irreprensibili. Ellroy racconta con lucida ferocia ventitre giorni tra i più drammatici della storia americana, chiamando in scena una folla di personaggi che i suoi lettori hanno già imparato ad amare o a odiare senza mezze misure: dal sergente Dudley Smith all’infiltrata Kay Lake; dagli sbirri Lee Blanchard e Buzz Meeks al gangster ebreo Mickey Cohen. Tutti di qualche anno più giovani rispetto ai tempi di “Dalia nera” e “L.A. Confidential”, ma già immersi fino al collo in quell’intrico di verità e menzogna, idealismo e violenza dentro il quale batte il cuore nero dell’America.