ยซPiรน o meno ognuno di noi รจ legato ai racconti, ai romanzi, che gli rivelano la molteplice veritร della vita. Solo quei racconti, letti a volte come in delirio, lo pongono davanti al destino. Dobbiamo dunque cercare appassionatamente che cosa possa essere un racconto, come orientare lo sforzo attraverso il quale il romanzo si rinnova o, meglio, si perpetua. La preoccupazione delle tecniche nuove, che compensino la sazietร delle forme conosciute, pare dominare qualsiasi riflessione. Ma non riesco a spiegarmi – se vogliamo proprio sapere che cosa un romanzo possa essere – perchรฉ non si individui subito e non si sottolinei quella che dovrebbe costituire la base per una vera ricerca. Il racconto che rivela le possibilitร della vita non richiama necessariamente, ma puรฒ richiamare, un momento di rabbia, senza il quale l’autore resterebbe cieco a quelle possibilitร eccessive. Ne sono convinto: solo la prova asfissiante, impossibile, dร all’autore il mezzo per spingere lontano la sua visione, per andare incontro alla attesa del lettore stanco dei limiti angusti imposti dalle convenzioni. Come si puรฒ perdere tempo su libri alla cui creazione l’autore non sia stato manifestamente costretto? […] Ho voluto esprimermi brutalmente. Ma non intendo insinuare che solo un sussulto di rabbia o la prova della sofferenza possa assicurare a un racconto il potere della rivelazione. Ne ho parlato per arrivare a dire che solo un tormento mio personale รจ all’origine delle mostruose anomalie di “L’azzurro del cielo”. Queste anomalie sono la base di “L’azzurro del cielo”. Ma ero cosรฌ lontano dal pensare che tale base potesse bastare a conferirgli una validitร , che avevo rinunciato a pubblicare questo libro, scritto nel 1935. Ora, amici toccati a suo tempo dalla lettura del manoscritto m’incoraggiano alla pubblicazione. Alla fine mi sono rimesso al loro giudizioยป. Con una nota di Guido Neri.