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La luna e i falò è l’ultimo romanzo dello scrittore Cesare Pavese, scritto tra il 18 settembre e il 9 novembre 1949 e pubblicato nell’aprile del 1950. Assieme a Il compagno, è il più lungo tra i suoi romanzi. Dedicato all’ultima donna della vita di Pavese, Constance Dowling, presenta elementi autobiografici dello scrittore piemontese ed è quello che conclude la sua carriera di narratore.
La storia, raccontata in prima persona, non concerne solo il protagonista, di cui viene detto solo il soprannome Anguilla, ma tanti altri personaggi che entrano in relazione con lui, in un paese della valle del Belbo che non viene mai nominato, ma che è Santo Stefano Belbo[3] (Piemonte). Il romanzo è un misto tra passato e presente e proprio per questo non è narrato nei minimi dettagli, ma vengono raccontati eventi che non sono (apparentemente) collegati tra loro, se non dai pensieri e dalle riflessioni del protagonista.
La storia inizia quando Anguilla, tornato emigrante dall’America dopo la Liberazione, ritorna col pensiero al momento in cui, neonato, era stato abbandonato all’ingresso del Duomo di Alba e quindi portato all’ospedale di Alessandria, dove era stato adottato da Padrino e da Virgilia, che per questa adozione ricevevano una mesata di cinque lire.
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