“Sono sardo, sono italiano, sono anche europeo”, ha scritto Sergio Atzeni. “Possiamo parlare di letteratura sarda? Dando risposta affermativa pretendiamo di essere una identità (i sardi) capace di esprimere una propria visione del mondo, sia pure in lingua importata. Niente di cui scandalizzarsi, il bulgaro ebreo Elias Canetti ha scritto in tedesco i suoi capolavori, intere etnie della Mitteleuropa hanno adottato a causa di svariate vicende storiche il tedesco come lingua di comunicazione letteraria, gli afroamericani di Martinica e Guadalupe esprimono l’identità creola in un francese che arricchisce, modifica e mette in crisi i dizionari d’oltralpe”. Così, il sardo Atzeni scriveva in un italiano aggraziato da innesti di lingua sarda, storie giacenti nel fondo della cultura del suo popolo: ma arricchendole di metafore e sensi ulteriori, posteriori, presenti. Moderne epopee, rapide ma intrecciate di innumerevoli eventi e quadri, intorno a un eroe popolare emblematico ma brulicante di personaggi e caratteri. Di Atzeni, questo ultimo libro pubblica il primo e l’ultimo racconto: “Il demonio è cane bianco”, il primo, è una vecchia leggenda sarda, del diavolo che viene a conoscere un paesino; il secondo, “Bellas mariposas”, è una nuova leggenda sarda, di due ragazzine del melting pot umano di un quartiere popolare di Cagliari che in una giornata conoscono se stesse.
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