Gen Z di Flavia Novelli: recensione
La nuova raccolta poetica di Flavia Novelli affronta un tema di grande attualità e notevole interesse per tutti: il disagio mentale giovanile, e le grandi difficoltà e sofferenze che comporta per chi a questi giovani sta vicino.
Il volume è strutturato in due parti. La prima racconta la sofferenza dei nostri giovani, in particolare di ragazze e ragazzi della generazione Z, indicativamente nati tra il 1997 e il 2012, più che mai affetti da disturbi quali depressione, ansia, asocialità, autolesionismo, disturbi alimentari e tendenze suicide (problematiche che come è noto si sono tristemente acuite a seguito della pandemia di Covid-19), la seconda la vita di chi tenta faticosamente di stare vicino a questi giovani, i genitori in primis, il loro senso di impotenza, il loro com-patire, ma anche l’eterno rinnovarsi di una speranza di miglioramento, di una svolta che possa condurre fuori da difficoltà che sono proprie della ragazza e del ragazzo, ma non solo: sono nostre, della nostra società, del nostro tempo estremo, di iperconnessione scollegante, di iperesposizione mediatica e difficoltà nel riconoscere se stessi nei modelli sociali, nei modelli mediatici, infine allo specchio.
Che il linguaggio poetico possa essere particolarmente adatto a far comprendere disagio, dolore e sfumature di sentimenti neri e grigi, è fuor di dubbio, e le parole scelte da Flavia Novelli sono quelle giuste: ricreano in noi lo smarrimento che può darsi in una stanza, incidono come si incide la pelle, intenzionalmente, ci trascinano in speranze di rinnovamento che vengono deluse e poi rinascono.
I versi di Gen Z ci portano nell’insicurezza determinata dalla paura di vivere che è paura dell’inadeguatezza alla vita
Cosa accadrebbe se il sangue
cominciasse a pulsare?
Se sfondasse gli argini
e l’onda rossa
mi inondasse il cuore?
Meglio non rischiare
Nella mente e nel cuore di giovani che si sentono svuotati
Sono buia
quando resto in silenzio
Una caverna umida
e disabitata
sferzata dal vento
di giovani che non di rado giungono all’autolesionismo, combattendo con disturbi alimentari, con volontà di cambiare che spesso non è ciò che si desidera davvero, con l’opprimente sensazione di non contare.
Ingrassare
Dimagrire
Denudarsi
o travestire
Rimanere in silenzio
oppure urlare
Sono solo un fantasma
tra la folla
Un’inutile bolla
pronta a scoppiare
Sono tanti, tutti diversi eppure tragicamente simili, i casi cui la poetessa ci avvicina nella prima parte del libro, in cui si insinuano ricordi pandemici che riverberano nelle menti di giovani che segnati da quella reclusione la rimettono in atto volontariamente, soffrendo, e in queste situazione si innestano tentativi di cura, di terapia, che conducono a solitudini scandite farmacologicamente, all’attesa che qualcosa cambi, un’attesa che può protrarsi per anni, estenuante, indebolendo chi soffre e chi a lei o lui sta vicino.
Sono giovani che hanno anche, moltissimo a che fare con gli schermi, il digitale, il gaming, l’alienazione tecnologica
Dentro questo schermo luminoso
mi è più facile navigare
[…]
Nel mare fuori
non riesco a mantenere la rotta
mi sembra di affogare
alienazione che li conduce a sentirsi artificiali, ad allontanarsi da quella che potremmo definire una naturale predisposizione al reale.
E c’è chi arriva al suicidio. Sempre di più, purtroppo.
In camere predisposte da famiglie anche attente e accudenti, magari vissute con gioia fino a una certa età, si consumano drammi interiori che diventano drammi familiari e diventano dramma sociale.
Come altre problematiche attuali, la vastità del fenomeno e l’impatto che ha divengono estremamente più chiari quando si ha un contatto diretto con una persona in difficoltà. E così questa raccolta poetica, che presenta il problema nella prefazione di Ilaria Giovinazzo e poi nell’introduzione dell’autrice, con i versi ci conduce vicino, quanto più vicino è possibile, per mezzo dell’espressione poetica, alle persone che il problema lo vivono: ragazze, ragazzi, genitori.
Anche i genitori, o comunque chi è vicino a chi soffre, di cui i versi presentano uno spaccato nella seconda metà del libro. Qui emerge la frustrazione legata al senso di impotenza, lo smarrimento dell’aver perso un rapporto che si credeva solido e felice, e naturalmente la paura per l’altro, che in certi momenti giunge al lettore attraverso dettagli strazianti
Come ho potuto visualizzare le tue dita
maneggiare il blister del farmaco dimenticato in bagno?
Niente
non sto facendo niente
rispondi con forzata allegria
Non sono niente le compresse
avvolte nel fazzoletto
il blister svuotato?
Ti svuoto addosso la mia rabbia
Mi hai trasformata in un niente
Un niente il mio essere madre
impotente
davanti alle tue lacrime forzate
al tuo mentire
scusa non ho fatto niente
non volevo fare niente
Un mondo in cui entra anche la dimensione medica, fatta di fredde attese in ambienti sterili. E il concetto e il senso dell’attesa è uno degli elementi chiave della seconda parte del libro, tra i più toccanti: attesa di una visita e di una terapia, attesa della fine di un momento difficile, attesa di ritrovare la figlia o il figlio che sembra essersi perduto, attesa della fine di una sofferenza che invece si prolunga, sotterranea, profonda, mutevole ma persistente.
Quelle di Flavia Novelli sono poesie intrise di sentimenti, sensazioni e atmosfere. Le parole scelte sono evocative ma sempre nitide, precise, collocate in componimenti senza fronzoli, veloci, che arrivano al lettore. E si tratta di una caratteristica molto importante, che fa di Gen Z un libro di poesia che non si rivolge solo agli appassionati della forma poetica, ma a tutti.
Il proposito del volume è esposto chiaramente dall’autrice: “Dare voce alla sofferenza delle ragazze e dei ragazzi, nella prima parte, e al senso di impotenza, smarrimento e muta frustrazione dei genitori, nella seconda: questo è ciò a cui questi versi possono ambire”. E la forma diretta, incisiva, spesso dolorosamente icastica, appare come quella non tanto adatta quanto necessaria al difficile scopo prefisso.
Sono molti i passaggi che restano nella memoria, come questi altri, che citiamo per ultimi.
Risvegliare lo sguardo della ragione
per svelare la finzione amara
che senza doglie
genera ogni più dolce illusione
Senza più padrone
posare lo sguardo altrove
Immergerlo
nel proprio orizzonte interiore
Riemergi come un cetaceo
che ostenta la sua presenza
lambendo il pelo dell’acqua
spezzando il confine
tra il mare e il cielo
Un corpo solido
in uno spazio liquido
Un gesto iconico
prima di inabissarsi nuovamente
Gen Z è un libro doloroso che prende e stringe, che non risparmia al lettore la sofferenza, ma lo lascia arricchito di una comprensione più profonda dei problemi di disagio mentale giovanile, che sono in verità problemi di tutti gli adulti, di quelli che lo sono già e di quelli che faticano a diventarlo.